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Ormai restava solo il perimetro delle fondamenta, il resto era andato distrutto, chis-
sà come oppure si era ridotto in polvere. Però era stato sicuramente un edificio: su
questo, nessun dubbio. Chi lo aveva costruito? Non ne avevo la più pallida idea, an-
che perché su Marte avevo visto solo insetti, mentre quella costruzione era stata eretta
da creature dotate di intelligenza e di dimensioni probabilmente non inferiori a quelle
dell uomo.
Continuai il cammino guardandomi attorno con rinnovato interesse e trovai parec-
chie altre rovine simili alla prima.
Era chiaro che quella fertile vallata in tempi lontani era stata la dimora di chissà
quale razza sconosciuta. Distinsi una linea, che avrebbe potuto essere il tracciato di
un antica strada e alla fine mi imbattei in un muro che si reggeva ancora in piedi, per
un altezza notevole.
Scavai per una giornata intera, con l aiuto di una pietra dura e aguzza, ottenendo
brillanti risultati. Trovai pietre lavorate e alcuni frammenti di ceramica d argilla e
perfino di metallo.
Che tipi erano qui marziani? Non ne avevo la minima idea. Quanto era durata la lo-
ro civiltà? Era originaria di Marte? Credo che la risposta a quest ultima domanda sia
no, perché ero convinto, come lo sono tuttora, che una colonia proveniente da un altro
mondo fosse scesa su Marte per stabilirvisi. C erano rimasti parecchie centinaia
d anni, ma non certo di più. E se poi erano morti o erano emigrati su qualche altro
pianeta, lo ignoro. Lascio la soluzione di questo problema ai primi esploratori terre-
stri.
Ma la vista di quelle rovine riaccese le mie speranze, perché non era improbabile
che nei paraggi ci fosse qualche città ancora in vita. Forse sul pianeta c erano ancora i
coloni venuti fin lì con astronavi. E chissà che non avessero ancora un astronave in-
tatta, da qualche parte.
Mi rimisi in cammino, procedendo sempre verso sud. Mi pareva logico che gli an-
tichi marziani si fossero raccolti nelle zone più calde del pianeta, cioè attorno
all equatore, e il ricordo di Marte visto dallo spazio mi disse che quelle zone erano
appunto più numerose verso l equatore che non alle latitudini più alte.
Superata la valle, seguii un nuovo declivio, oltre il quale mi ritrovai in un altra re-
gione fertile chiusa dalle montagne. Quando vi giunsi, stava calando la notte. Mi misi
al riparo di alcuni arbusti e mi preparai a dormire, sentendomi, stanco, debole e pieno
di nostalgia per la mia casa lontana.
Alzai gli occhi al cielo, dove già brillavano le stelle anche se il Sole non era ancora
tramontato del tutto, e vidi la prima, la più brillante, quella che chiamiamo la Stella
della Sera. La guardavo con il cuore stretto, perché non era la stessa che vediamo noi.
Per noi la Stella della Sera è Venere, per Marte quel gioiello che splende al tramonto
è la Terra.
Quando fu buio, vidi una meteora solcare il firmamento. Subito ne seguì una se-
conda la cui luce, sempre più vivida, brillò direttamente sulla mia testa. Io non respi-
ravo addirittura per lo stupore. Poi ci fu un improvviso bagliore a qualche centinaio di
metri di distanza, quindi il sibilo acuto di un esplosione alterato dall atmosfera sotti-
le.
Che meteora era quella, per esplodere in modo tanto strano? E poi, una meteora
dietro l altra, tutte e due nello stesso punto! Non era possibile.
Mi alzai e corsi a nascondermi dietro un gruppo di cactus-abeti, dove mi fermai a
guardare. Sentii un altra esplosione, ma più lontana.
Qualcosa mi aveva individuato. Qualcosa che mi cercava ed era ostile. Rimasi al
riparo nel folto d alberi finché non fu notte completa, poi mi affrettai ad allontanarmi
da quella zona della valle.
Come mai una meteora aveva colpito l astronave mentre stavo avvicinandomi a
Marte, quando nel corso di tutto il viaggio non ne avevo visto nemmeno una? Era sta-
ta proprio una meteora, o un missile?
Come mai nonostante la vibrazione inserita nel mio organismo, un altra astronave
non mi aveva ancora raggiunto? Era stata distrutta o allontanata anch essa da qualche
azione bellica?
Mentre correvo nella valle, faticosamente arrancando fra la fitta vegetazione, alla
luce delle stelle vidi che anche lì c erano rovine di dimensioni più grandi delle altre:
il profilo di una casa, che avrebbe potuto sembrare intatta, se non le fosse mancato il
tetto, e delle mura. E per un buon tratto corsi su una vera strada.
Infine, mezzo sepolto, nel folto di un intricato boschetto, scorsi un edificio dal pro-
filo spigoloso e le pareti lucide. Era un muro di liscia ceramica, bucherellato qua e là, [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]
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